CASAVO • 26 marzo, Guendalina Guaita
Cambio di destinazione d’uso, quando è consentito e come si fa
Per il cambio d’uso da ufficio ad abitazione servono: domanda formale, planimetria, certificati urbanistici e di agibilità, e pagamento delle tasse comunali.
Se stai cercando di capire come fare il cambio di destinazione d’uso di una proprietà, abbiamo una buona notizia per te: hai appena trovato la guida che stavi cercando, con tutte le informazioni che ti servono.
Dopo aver consultato decine di annunci è finalmente scattato il colpo di fulmine con un immobile che sembra perfetto per te: la metratura è quella giusta, l’esposizione ti garantisce luce a tutte le ore e la posizione in città è strategica, lontano dal caos del centro ma senza esagerare. Ha tutto quello che cerchi per la tua casa dei sogni ma… caspita, nella descrizione c’è scritto che è uno studio professionale. Pensi che sia sufficiente rivedere l’arredamento e sistemare gli spazi interni con qualche lavoretto di ristrutturazione? Purtroppo no, non basta.
Per trasformare lo studio nella tua nuova casa avrai bisogno anche di un cambio di destinazione d’uso da ufficio ad abitazione, e lo stesso dovrai fare se vuoi convertirlo in un magazzino o un negozio.
Il cambio di destinazione è una procedura semplice che richiede però molta attenzione ai dettagli. Per aiutarti con la procedura, i documenti e i costi per l’immobile che hai deciso di comprare, abbiamo raccolto tutte le informazioni che ti servono in questa pratica guida al cambio di destinazione d’uso.
Di cosa parliamo in questo articolo
Cos’è la destinazione d’uso di un immobile
Iniziamo dalle definizioni. Nell’ordinamento italiano la destinazione d’uso indica la funzione che viene riconosciuta a un edificio o a una singola unità immobiliare. Per spiegarci in termini più semplici, ogni fabbricato ha uno scopo all’interno della società, sia sotto il profilo urbanistico che catastale: accogliere le persone che ci abitano oppure ospitare attività produttive industriali o commerciali, come negozi e laboratori artigianali.
Come accennato poco fa, con il cambio di destinazione d’uso puoi trasferire ogni immobile da una categoria all’altra. Nel prossimo paragrafo vedremo quali sono le principali categorie previste dalla legge, ma per il momento ci soffermiamo sul concetto di cambio urbanisticamente rilevante.
Secondo l’articolo 23-ter del Testo Unico dell’Edilizia (come modificato nel 2014 dal cosiddetto Decreto Sblocca Italia) – e salvo diversa previsione degli ordinamenti regionali – il cambio d’uso è ritenuto urbanisticamente rilevante quando comporta il passaggio da una categoria all’altra, anche senza opere edilizie. È il caso, ad esempio, del cambio di destinazione d’uso da abitazione a locale commerciale. Perché è ritenuto rilevante? Perché la modifica ha degli effetti anche sul calcolo della rendita catastale e sulla definizione delle tasse da pagare come IMU e TASI, che variano a seconda del gruppo a cui il bene appartiene.
Quali sono le destinazioni d’uso?
Gli immobili sono quindi suddivisi in gruppi in base alla funzione che ricoprono nel contesto sociale. Le destinazioni d’uso sono tante e cercano di coprire una gamma di situazioni più ampia possibile. Oltre all’ufficio e all’abitazione che abbiamo già visto, le più comuni sono negozi, locali commerciali, depositi, magazzini e garage.
Le categorie funzionali previste per la destinazione degli immobili variano a seconda degli ordinamenti regionali, ma in linea generale possiamo raccoglierle all’interno dei sei grandi gruppi che vedi nella tabella qui sotto con le relative specifiche:
Destinazione d’uso | Tipo di immobile |
---|---|
Residenziale | Vi rientrano le abitazioni di qualsiasi genere e natura, inclusi i servizi di affittacamere e gli studi professionali nel caso in cui la metratura prevalente dell’unità sia adibita a uso abitativo. |
Industriale e artigianale | Fanno parte di questo gruppo industrie, laboratori artigianali, magazzini, imprese edili, laboratori, officine. In genere vengono incluse nella categoria tutte le attività finalizzate alla produzione o trasformazione di beni, materiali o servizi. |
Commerciale | Comprende negozi al dettaglio, servizi di grande distribuzione all’ingrosso, mercati, ma anche bar, ristoranti, tavole calde, pub e altri servizi simili. |
Turistico ricettiva | Include alberghi, campeggi e ostelli. |
Direzionale o di servizio | È la categoria che raccoglie banche, assicurazioni, uffici direzionali, uffici privati e studi professionali. |
Agricola | Qui abbiamo gli immobili destinati alla produzione agraria, all’allevamento e ai servizi collegati, e in più vivai, boschi, pascoli, abitazioni rurali, serre, e anche gli agriturismi. |
Facciamo qualche esempio concreto.
Se decidi di destinare una stanza della casa per il tuo studio professionale o il tuo laboratorio artigianale non avrai bisogno di seguire alcuna procedura. In questo caso, infatti, l’immobile è a tutti gli effetti la tua dimora e la sua funzione prevalente in termini di metratura è quella di abitazione.
Nel caso, invece, in cui tu abbia acquistato un immobile residenziale per farci un negozio dove vendere le tue creazioni, dovrai effettuare un cambio destinazione d’uso da abitazione a locale commerciale.
Sono previsti dei limiti per trasformare qualsiasi immobile secondo le proprie esigenze? La risposta è nel prossimo paragrafo.
Quando è possibile cambiare la destinazione d’uso?
In linea di massima è sempre possibile ottenere il passaggio da una categoria di destinazione d’uso all’altra. Esistono però alcune eccezioni determinate dalla legge o da alcuni regolamenti locali. Ecco quali sono.
1. Immobili in condominio
Iniziamo da quelle più specifiche che riguardano immobili in condominio. Se, ad esempio, intendi convertire un deposito in appartamento, prima di chiedere il cambio di destinazione d’uso da magazzino ad abitazione farai meglio a consultare il regolamento condominiale e verificare che non siano previste restrizioni per nuove unità abitative. Il divieto di cambio, però, ha valore solo se il regolamento è stato approvato dai condomini all’unanimità: in caso contrario non può porre dei limiti ai singoli locali.
2. Requisiti speciali per le categorie funzionali
La legge prevede alcuni requisiti su misura per le diverse categorie funzionali. Pensa semplicemente alla canna fumaria obbligatoria per tutti i locali che somministrano alimenti cucinati. Sono previste anche indicazioni per le superfici minime dei diversi ambienti delle unità abitative (tipo la metratura del bagno non può essere inferiore a 3.5mq nelle abitazioni), e per i cosiddetti rapporti aeroilluminanti che indicano la proporzione tra le dimensioni delle finestre e quelle delle varie stanze. Queste regole cambiano da comune a comune.
Facciamo un’ipotesi: vuoi acquistare un negozio sito al piano terra di un edificio per poi attraverso un cambio di destinazione d’uso trasformarlo in un’abitazione? Prima di procedere con la compravendita informati bene sulle previsioni normative della tua città, per evitare brutte sorprese che impediscano i tuoi piani.
3. Piani regolatori
Attenzione, infine, al Piano Regolatore Generale (PRG) cittadino (o Piano strutturale e Regolamento urbanistico, a seconda dei comuni) che in alcuni casi pone dei vincoli al cambio di destinazione d’uso di un immobile in determinate zone della città, come nei quartieri residenziali. Non solo: il PRG può anche limitare il tipo di lavori previsti per un fabbricato.
Un caso comune riguarda i palazzi del centro storico urbano con vincoli di mantenimento che impongono solo i semplici lavori di manutenzione. In questo caso, anche in assenza di uno specifico divieto per il cambio di categoria, sarai comunque condizionato dal tipo di opere che puoi svolgere.
Oltre a queste limitazioni normative ce ne sono poi da considerare altre che riguardano la struttura dell’edificio. In linea generale, tutti gli impianti (elettrico, idrico, fognario) devono essere a norma, e l’immobile deve essere in condizione di rispettare i requisiti particolari della categoria funzionale a cui intendi destinarlo. Abbiamo visto prima l’obbligo per i ristoranti di avere una canna fumaria, ma al di là della legge assicurati che nel tuo locale sia davvero possibile installarne una.
Quali documentazioni occorrono per il cambio destinazione d’uso
Ora che sai come stabilire se il tuo immobile rispetta le condizioni per il cambio, vediamo tutti i documenti che servono e a chi vanno richiesti. Il passaggio da una categoria di destinazione d’uso a un’altra è sempre considerato un intervento di ristrutturazione edilizia, anche se per farlo sono necessari solo dei semplici lavori o addirittura non ne sono previsti affatto. Questo vuol dire che in ogni caso, prima di procedere, avrai bisogno del permesso di costruire rilasciato dal comune in cui si trova l’immobile.
Il DL Semplificazioni 2020, tuttavia, ha reso più rapide le procedure burocratiche per i passaggi all’interno della stessa categoria. Ciò significa che se stai per fare un cambio di destinazione d’uso da deposito a garage, oppure da magazzino a negozio, non avrai bisogno del permesso per costruire, ma ti basterà la CILA, la Comunicazione inizio lavori asseverata, da presentare all’ufficio tecnico del comune in cui si trova il fabbricato, come abbiamo già visto nella nostra guida per ristrutturare casa.
Ora che abbiamo un’idea più chiara della documentazione ci resta un ultimo argomento da affrontare per il cambio di destinazione d’uso: i costi.
Destinazione d’uso: costi, tempistiche e iter da seguire
Determinare con precisione la spesa per passare da una categoria funzionale all’altra dipende da una serie di variabili che cambiano anche notevolmente a seconda di dove si trova l’immobile e del tipo di lavori che hai in mente.
In ogni caso, le voci di spesa principali sono tre:
- gli interventi edili che servono per rendere l’immobile idoneo alla nuova categoria, come la messa a norma degli impianti o l’installazione della nostra canna fumaria, più quelli che riguardano la ristrutturazione generica;
- le spese tecniche e i compensi dei professionisti coinvolti nel cambio, come architetti e avvocati immobiliari, nonché i costi per la direzione dei lavori e per la sicurezza sul cantiere;
- gli oneri di urbanizzazione e le spese di segreteria che variano da comune a comune.
Il tipo di passaggio di categoria che intendi fare, inoltre, influenza notevolmente il prezzo finale. Nel caso di un cambio destinazione d’uso da ufficio ad abitazione, i costi saranno generalmente inferiori rispetto alla trasformazione di un negozio in una pizzeria.
Per avviare una procedura di cambio destinazione d’uso inizia contattando un professionista per seguirti con i documenti dell’immobile. Si occuperà lui di verificare la regolarità urbanistica del fabbricato, cioè l’assenza di abusi edilizi e i requisiti igienici e sanitari necessari. Passerà poi a preparare il vero e proprio progetto di intervento e a quel punto compilerà il permesso a costruire.
In genere queste operazioni preliminari richiedono un paio di mesi, soprattutto per trovare i documenti dell’immobile nell’archivio comunale.
Il professionista ti aiuterà anche a capire se è presente una o più delle condizioni che impediscono il passaggio di categoria, quindi una previsione nel regolamento condominiale o del PRG, o dei limiti strutturali. Quando tutto sarà pronto potrai presentare la richiesta all’ufficio tecnico del comune. A questo punto occorre considerare solo i tempi dei lavori, che dipendono ovviamente dal tipo di opere che hai in programma.
Come vedi, cambiare categoria di un’immobile può nascondere alcune insidie a cui è bene prestare attenzione. In generale, però, non si tratta di una pratica complessa, anzi viene usata di frequente per le ipotesi più svariate come:
- il cambio destinazione d’uso da deposito a garage;
- il cambio destinazione d’uso da negozio ad abitazione;
- il cambio destinazione d’uso da abitazione a locale commerciale;
- il cambio destinazione d’uso da magazzino ad abitazione;
- il cambio destinazione d’uso da industriale a commerciale;
- il cambio destinazione d’uso da abitazione e ufficio e viceversa;
- il cambio destinazione d’uso da magazzino a negozio.
Per riepilogare, dai un’occhiata allo schema qua sotto.
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