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Casavo30 maggio, Marketing Casavo

Intervista – Il presente e il futuro del mercato immobiliare in Italia

Intervista al Professor Giacomo Morri, Associate Professor of Practice in Real Estate, SDA Bocconi

Qual era la situazione del mercato immobiliare in Italia prima dell’emergenza COVID-19?

L’economia italiana non si è mai veramente ripresa della crisi finanziaria globale (GFC) del 2008 e, con essa, neppure il mercato immobiliare, con limitate eccezioni.

Nel settore residenziale, la crisi economica che è conseguita alla GFC, come ormai ben noto, ha contribuito a ridurre la capacità di acquisto di abitazioni da parte delle famiglie, sia per un minor reddito disponibile, sia per una maggior difficoltà di accesso al credito, con il settore bancario divenuto più selettivo negli affidamenti. Nel settore commerciale, la debolezza dell’economia ha portato a una ridotta domanda di utilizzo di immobili e a un maggior rischio per gli investitori. Non solo, occorre ricordare che negli anni precedenti alla GFC, anche grazie alla forte espansione del credito, l’attività di sviluppo immobiliare aveva generato una notevole offerta non sempre rispondente alle reali esigenze degli utilizzatori, con il risultato che molti progetti non sono stati completati o la produzione è rimasta invenduta. In entrambi i settori le conseguenze sono state la riduzione nelle compravendite e nei valori dei beni.

Pur persistendo un quadro economico-politico relativamente instabile, a partire dal 2015 la maggiore liquidità introdotta nel sistema ha favorito una ripresa del mercato, in maniera decisamente selettiva. Nel settore residenziale, vi è stata una significativa ripresa nel mercato milanese. Tra le cause si possono ricordare il buon andamento del mercato del lavoro, il generalizzato miglioramento della città e la sua trasformazione post Expo in meta turistica, vocazione sino ad allora decisamente secondaria. Poche altre città hanno registrato andamenti positivi, principalmente quelle in cui l’aumento del turismo ha influenzato anche il settore residenziale, mediante la trasformazione in unità destinate all’hospitality. Le città secondarie e i mercati extra-urbani hanno beneficiato in misura ben minore di questi effetti.

Nel segmento commerciale, nonostante una generale debolezza del mercato, si può ricordare in controtendenza la ripresa nel segmento degli uffici e del retail high street a Milano, grazie anche a una forte riduzione nei rendimenti nelle altre principali città europee. Gli investitori hanno privilegiato anche gli investimenti in logistica a livello nazionale, spinti dal notevole incremento dell’e-commerce, così come nell’ultimo anno si è registrato un vero e proprio record di investimenti nel comparto degli hotel. I mercati secondari invece hanno scarsamente beneficiato della riduzione dei rendimenti a livello internazionale, non riuscendo a compensare il rischio Paese derivante dalle incertezze dell’economia e dall’elevato debito pubblico, con una crisi nel segmento retail per le unità meno competitive.

Qual è e quale sarà l’effetto dell’emergenza COVID-19 sui prezzi e sui volumi nel residenziale?

Come recentemente analizzato in un intervento su Il Sole 24 Ore, ogni previsione, soprattutto in questo momento, è certamente difficile, con ipotesi sugli scenari futuri che cambiano nell’orizzonte di pochi giorni. Senza poter quindi entrare nel merito dell’intensità degli effetti, si possono ipotizzare le direzioni degli impatti immediati del lockdown e della conseguente riduzione temporanea del PIL, nonché delle conseguenze di lungo periodo quali la crisi economica e finanziaria ma anche, auspicabilmente, un incremento di liquidità nel sistema quale misura preventiva.

Un ulteriore indebolimento dell’economia, come già ricordato, avrà effetti sulla capacità di spesa e di risparmio delle famiglie e, conseguentemente, sulla loro capacità di accesso al credito e quindi all’acquisto di abitazioni. Non solo, anche nei casi in cui tali effetti siano limitati, potrebbe comunque ridursi la propensione per un impegno finanziario di lungo termine. Inoltre, potrebbero crearsi delle aspettative su una possibile futura riduzione dei prezzi che, nel breve, potrebbe spingere molti potenziali acquirenti a procrastinare la decisione di acquisto. La magnitudo dell’effetto dipenderà da quanto l’annunciata immissione nel sistema di liquidità destinata alle imprese potrà contenere la crisi economica. Inoltre, occorrerà anche valutare l’effetto dell’emergenza sanitaria o, forse più correttamente, della nuova situazione sanitaria, sul turismo, e quindi indirettamente anche sul residenziale, in quei mercati dove molte unità sono state riconvertite a tale scopo.

Al tempo stesso, sebbene con una visione non del tutto condivisibile, alcuni risparmiatori spaventati dalla volatilità delle borse, potrebbero riallocare gli investimenti dal settore mobiliare all’immobiliare.

Nonostante la maggiore liquidità e una possibile, seppur limitata, riallocazione dei capitali verso investimenti a minor rischio, se tuttavia l’economia sarà duramente colpita, la storia si ripeterà. Non potrà che esservi uno scenario negativo per il settore residenziale, con un’inevitabile riduzione dapprima nei volumi di compravendita e, successivamente, nei valori con uno speculare aumento dei tempi di compravendita e degli sconti rispetto ai prezzi inizialmente richiesti.

Quale sarà l’impatto sugli operatori del settore?

Una riduzione nelle compravendite colpisce certamente gli intermediari immobiliari, con maggiori difficoltà operative derivanti anche dalla maggiore incertezza circa i valori di mercato. Allo stesso modo saranno colpiti quei professionisti, come i notai e i consulenti legali e tecnici, il cui lavoro è legato alle compravendite.

Anche gli sviluppatori immobiliari ne subiranno le conseguenze, ma con alcune possibili differenze. Dove l’economia sarà più resiliente e non vi è oggi sufficiente offerta di nuovo prodotto, come a Milano, l’impatto sarà più contenuto. Diversamente, chi opera nel segmento delle ristrutturazioni, subirà maggiormente una contrazione dei margini, dovendo – in mercati con valori in contrazione – acquistare prima e rivendere successivamente, con un maggior rischio di mercato e un maggior costo del capitale. Infatti, sebbene vi potrà essere più liquidità nel sistema, la sua allocazione alle attività più rischiose come lo sviluppo immobiliare potrebbe non aumentare.

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Allo stesso modo, come già anticipato, saranno colpiti i gestori di unità residenziali destinate alla locazione breve, ma questo effetto dipenderà dalla reale situazione sanitaria nei prossimi mesi, nonché dall’effettivo impatto che la pandemia e il lockdown avranno avuto sulle abitudini di viaggiare per lavoro e turismo.

Quale sarà il vantaggio competitivo degli iBuyer nel nuovo scenario di mercato?

Nello scenario precedentemente descritto ci saranno vantaggi e svantaggi. Una contrazione del mercato residenziale, che si manifesta subito con una riduzione nel numero delle compravendite, un aumento dei tempi e degli sconti, nonché della complessità delle trattative, rappresenta certamente un vantaggio per gli iBuyer. Infatti, consentendo di semplificare la trattativa e di fornire immediata liquidità ai venditori, si pongono in una favorevole posizione rispetto all’alternativa di una (ora ancor più difficile) trattativa tradizionale. Inoltre, in un mercato meno liquido, contribuiscono a favorire l’incontro di domanda e offerta.

Al tempo stesso, dal momento che il modello di business degli iBuyer si basa sulla successiva rivendita in tempi rapidi, con o senza un intervento di riqualificazione, operare in un mercato con valori in riduzione potrebbe essere problematico, dovendo ipotizzare una contrazione del margine e, conseguentemente, una previsione preventiva di un minor prezzo in acquisto.

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